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Uno degli esempi più calzanti della sovrapposizione tra Autore e Personaggio è senz’altro quello di Vittorio Giardino ed il suo eroe Max Fridman (è vero che ci sono anche fumettisti come Joe Pinelli che mettono sulla carta la loro stessa vita, ma si tratta di casi particolarissimi). Su questo fenomeno di proiezione (o idealizzazione, o invenzione autobiografica, il concetto non cambia) si basa Giulio Cesare Cuccolini per dare un’interpretazione di No Pasaràn su Fumetti d’Italia 32, e lo stesso Giardino si lascia sfuggire qualche accenno ad esso su Comic Art 123: "C’è ovviamente molto di autobiografico: la figlia di Fridman è la mia…Il personaggio è frutto di un’accurata progettazione. Io so molto di più, del passato di Fridman, di quanto abbia scritto e scriva: si Sam Pezzo non so molto. Di Fridman, invece, so che scuole ha fatto, conosco le vicende della sua infanzia, conosco sua madre".
A livello puramente esteriore è impossibile non rilevare un’immediata affinità: sia l’Autore che il Personaggio fumano la pipa. E, con la consueta abilità maniacale, Vittorio Giardino ci illustra un buon campionario di pipe.
Dalle due semplici billiard e bent apple di Rapsodia ungherese (1982) si passa alle ben quattro pipe, di cui una rhodesian, di No Pasaràn (2000, ne abbiamo parlato su Fucine Mute 19) ma è l’episodio che si situa tra i due, l’eccezionale La Porta d’Oriente (1985) ad offrire lo spunto più interessante per parlare della pipa nel mondo di Giardino. Oltre alla consueta bent apple con vera d’argento e filtro da 9 mm (che dalle occorrenze statistiche risulta essere la sua preferita) Max Fridman fuma durante una sequenza in nave una pipa di schiuma.
La "schiuma" (altrimenti detta "schiuma di mare") è una pietra simile al corallo il cui nome scientifico è sepiolite: in uso già dal XVIII secolo, prima della radica, è famosa per colorarsi progressivamente con il procedere delle fumate, passando quindi dal bianco purissimo a sfumature di rosa o arancio. Non a caso è il materiale più usato per intagli e lavori artistici, riguardanti spesso la riproduzione di un volto sul fornello (alcune ditte realizzano addirittura delle "teste" su commissione che riprendono le fattezze dei loro acquirenti!). Solo un vero amante della pipa come Giardino dimostra di essere avrebbe inserito un tale elemento, misconosciuto ai profani, in una sua storia; anche l’apparente improprietà di una tale citazione è, invece, giustificatissima.
Le pipe di schiuma, per la loro delicatezza e preziosità, sono infatti le meno indicate per essere fumate all’aperto: molti intenditori sono concordi nel definirle "pipe da salotto" o "pipe da casa" tout-court. Ed il periodo in cui si svolge la sequenza de La Porta d’Oriente è senz’altro il più inadatto per fumare una schiuma di mare: il sudore ed il grasso presente sui polpastrelli sono infatti maggiori che in inverno e costringerebbero il fumatore ad indossare guanti di filo per non rovinare il delicatissimo fornello della pipa.
Anche se il possessore di una schiuma di mare può farci ovviamente quello che vuole, è strano che Giardino non abbia considerato questi fattori o non ne fosse a conoscenza. Si è concesso quindi una piccola licenza poetica? Assolutamente no.
Bisogna tenere ben presente che La Porta d’Oriente è ambientata in Turchia, paese che ha in pratica il monopolio dell’estrazione della sepiolite (anche il Tanganika ne ha delle scorte, ma nulla a che vedere con la Turchia). L’inserimento di una pipa di schiuma in un contesto che non le si addice al 100% non è perciò una piccola sbadataggine (pur se sarebbe stata perdonabilissima) ma è un modo per creare l’atmosfera adatta e rendere un preciso omaggio, anche se non alla portata di tutti, ad un mondo ed al fascino che esso esercita.
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